La sintesi dell'intervento del Segretario generale della CGIL, Susanna Camusso, al IV Congresso FLC CGIL.
Un lunghissimo applauso ha salutato la conclusione dell’intervento di Susanna Camusso al quarto Congresso nazionale della FLC CGIL.
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Susanna Camusso
La segretaria generale ha voluto sottolineare la prossima scadenza delle elezioni europee e la portata politica che questo appuntamento comporta. Dopo avere ricordato alcune delle ragioni che stanno alla base della fortuna delle attuali posizioni antieuropeiste, Camusso ha spiegato i motivi per cui, invece, l’integrazione europea va rafforzata, oltre che auspicata. Il revanchismo dei nazionalismi l’Europa lo ha già tragicamente conosciuto e questo non può essere oggi, come non è stato nel passato, una risposta alle disillusioni che il fallimento del disegno europeo ha comportato. I lavoratori si aspettavano un ampliamento delle politiche sociali anche ai paesi di nuovo ingresso nell’UE, e invece le politiche liberiste attuate in risposta alla crisi hanno ampliato le disuguaglianze e ridotto lo spazio pubblico, l’unico che avrebbe dato le risposte socialmente giuste. Eppure l’Europa ha significato un lungo periodo di pace, di libera circolazione delle persone. Tanti giovani nei nostri paesi sono nati e si sentono europei, hanno in tasca una moneta comune, sono abituati a spostarsi senza passaporto e non accetterebbero un mondo chiuso. Noi abbiamo vissuto il sogno e la caduta dell’unità europea, ma il punto di rottura non è stato il disegno europeo, ma le politiche liberiste, i veti, la mancanza di soluzioni ai problemi sociali. Non è questa l’Europa che vogliamo. Ma la risposta non è il nazionalismo. Camusso ha ricordato la rivolta contro leggi sul lavoro promulgate dal regime ungherese che accende una speranza e ci suggerisce che chiudere i problemi dentro gli Stati, in solitudine, non è una soluzione. I nazionalismi hanno dato solo risposte belliche e militari. Per questo ha richiamato l’importanza della sfida che le prossime elezioni europee lanciano di fatto ai progressisti. Il lavoro e la condizione dei lavoratori sono la chiave per misurare la qualità della vita in una comunità. E qui Camusso ha introdotto un tema sul quale la Cgil si sta confrontando da qualche anno: i cambiamenti nel modo di lavorare introdotti dalla digitalizzazione, un processo così invasivo che condiziona la vita delle persone. Le nuove tecnologie pervadono la nostra vita quotidiana e impongono a ognuno di noi di svolgere, anche inconsapevolmente, dei lavori che altri non svolgono più. E in queste azioni quotidiane noi forniamo dati importantissimi a 8 multinazionali dell’informazione che sono ormai più potenti degli Stati. Gli stessi dati sulla nostra salute appartengono più all’IBM che al Ministero della Sanità, più utili, quindi al business, che alle politiche di salute pubblica. Abbiamo dunque bisogno di conoscenze e competenze molto ampie non solo per esercitare una cittadinanza consapevole, ma anche per orientarci e saper discernere nella mole di informazioni e dati a cui tutti abbiamo accesso. E qui Camusso è entrata nel merito delle conoscenze indispensabili per affrontare i cambiamenti nel lavoro. Negli ultimi anni le politiche hanno teso a rendere l’istruzione sempre più dipendente dal mondo del lavoro, auspicando una iperspecializzazione. È singolare, ha detto Camusso, che a una generazione tra le più colte e preparate si sia poi offerta come prospettiva solo il precariato. Oggi più che mai un cittadino e un lavoratore consapevole si forma con l’interdisciplinarietà che sola può permettere le interconnessioni necessarie a muoversi nella realtà. Non ci servono iperspecializzazioni. All’iperspecializzazione corrisponde l’incapacità di essere cittadini consapevoli.
Per governare il cambiamento c’è necessità, secondo la segretaria della Cgil, di una scuola più democratica, di un tempo scuola finalizzato a dare la strumentazione giusta per capire e interpretare il nostro presente, di un più ampio spazio pubblico che solo può garantire l’uguaglianza delle opportunità, e di infrastrutture che non sono solo le grandi opere. Per tutto questo c’è bisogno di progettare un modello di sviluppo. Vi sono infrastrutture che incidono, migliorandola, sulla qualità della vita delle persone, come l’estensione degli asili nido o l’obbligo della scuola dell’infanzia, che in una società di figli unici sono luoghi indispensabili di socializzazione, di integrazione, di inclusione, di abbattimento delle differenze. Anche così si combatte il razzismo, condividendo gli spazi dell’istruzione e del lavoro. Per tutto questo c’è bisogno dell’intervento pubblico, di un modello di sviluppo, che non sia “sviluppismo”, basato su un progetto, un modello economico alternativo che abbia al centro la qualità della vita delle persone e che ha bisogno di ricerca e istruzione.
La Cgil si è confrontata col cambiamento, ha avuto il coraggio di guardare oltre la crisi e di formulare un progetto con il Piano del lavoro e con la Carta dei diritti. Si tratta di proposta strategica costruita su una rappresentanza sociale che non ha trovato un’interfaccia in una rappresentanza politica. La crisi della politica, soprattutto della sinistra, ha provocato la rottura dei legami sociali e la crisi della dimensione collettiva, messo in discussione la funzione della rappresentanza sociale. Camusso ha criticato le politiche del centro-sinistra laddove hanno provocato frantumazione del lavoro, competizione tra lavoratori, penalizzato i contratti collettivi con il loro portato generale, inclusivi e solidaristici, a favore della contrattazione aziendale che indebolisce il lavoratore perché lo isola.
Concludendo il suo intervento la segretaria generale ha ricordato l’importanza di avere riconquistato i contratti collettivi nel settore pubblico e ha invitato a fare pratica di inclusione anche nella Cgil, rilanciando il discorso confederale per non rinchiudere i lavoratori dentro le singole categorie.
Per capire il cambiamento e le derive populiste che incantano anche parte della nostra base, Camusso invita ad andare in una “direzione ostinata e contraria”. E di fronte al mito dell’uomo unico al comando, sollecitare la partecipazione della base “riconnetterci con i lavoratori, costruire le nostre politiche dal basso”.
Susanna Camusso
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